La Rivoluzione Petrolifera Messicana
Un alto día como éste
una mano certera señaló
la verdadera ruta de la Patria:
con orgullo que dio
una impresión de fuego sobrehumano,
el michoacano ilustre incorporó
el oro negro al seno mexicano.
Canto del Petroleo Mexicano
Efrain Huerta, 1942
Introduzione
Il 18 marzo del 1938 il Presidente del Messico General Lazaro Cárdenas diffuse un messaggio radio nel Paese annunciando l’espropriazione di tutte le attività e i possedimenti delle compagnie petrolifere straniere presenti nel territorio. Erano accusate di voler «lesionar seriamente los intereses económicos de la nación»[1] e di disobbedire alle più alte cariche giudiziarie della Nazione stessa.
Questo evento è rimasto nella memoria collettiva dei messicani come uno dei momenti fondanti della loro identità nazionale. Da quell’anno fino ai giorni nostri sono stati pubblicati libri, scritte canzoni e diretti film per celebrare l’evento forse più iconico della storia messicana dopo lo scoppio della Rivoluzione del 1910.
La nazionalizzazione del petrolio ebbe un tale impatto sulla coscienza dei messicani che, tuttora, viene citato Cárdenas nel dibattito politico del Paese per giustificare o per attaccare una certa linea politica. A dimostrarlo è la discussione sulla riforma energetica promossa dal presidente Peña Nieto nel 2013.[2] O più recentemente il tentativo riformista del presidente Manuel Lopez Obrador.[3] Prendere in considerazione l’alto valore simbolico che il petrolio ha assunto nel Paese è un passaggio necessario se si vogliono comprendere le diverse soluzioni proposte dagli attori in campo per il contrasto al cambiamento climatico.
Da Diaz a Cárdenas
La storia delle grandi industrie petrolifere in Messico inizia nei primi anni del XX secolo con il regime liberale di Porfirio Diaz[4]. Aveva governato il Paese quasi ininterrottamente dal 1876. Le sue politiche fiscali e gli enormi giacimenti petroliferi scoperti sul territorio avevano attirato ingenti investimenti da parte di capitali privati statunitensi e inglesi, che avevano una grande influenza sul governo.[5]
Con lo scoppio della Rivoluzione del 1910 e la fine del Porfiriato nel 1911, si aprì una fase di lotte convulse che durò circa vent’anni. In questo periodo prese vita una dinamica peculiare. I vari presidenti succedutisi al governo tentarono di riprendere il controllo statale delle risorse. Le compagnie petrolifere e gli Stati di loro provenienza alternavano minacce diplomatiche a finanziamenti verso movimenti ribelli per delegittimare i regimi rivoluzionari loro avversi.[6]
Si possono citare alcuni esempi. Il Patto dell’Ambasciata del 1913, dove il presidente Wilson appoggiò la rivolta di Victoriano Huerta e di Felix Diaz contro il presidente Madero.[7] Oppure l’apporto economico e materiale al movimento separatista di Manuel Pelaez che ottenne il controllo dei territori petroliferi del Nord nel 1917 e lo mantenne fino al 1920.[8]
La presidenza di Cárdenas, in carica dal 1934 al 1940, viene considerata come il momento conclusivo della Rivoluzione che per circa due decenni lacerò il Paese. In quel periodo, infatti, vennero istituzionalizzate e poste le basi del regime rivoluzionario emerso dalla guerra civile, ristrutturando il partito di governo in un’ottica organicista.[9] Ci fu una netta divisione dei settori che rispecchiavano le diverse anime del Paese: i contadini, gli intellettuali, i militari e gli operai.[10] In realtà gli operai già dagli anni Dieci avevano cominciato a organizzarsi in un contesto di crescente urbanizzazione delle masse.[11] Ma fu solo durante il cardenismo che si istituzionalizzarono e iniziarono ad avere un ruolo attivo e legittimato nella politica.
In questa fase, messe da parte le idee anarchiche, il movimento operaio passò da quella che Francisco Zapata chiama fase heroica alla fase institucional, caratterizzata da un nuovo rapporto di mutua fiducia con le istituzioni.[12] La lotta di matrice anarco-sindacale e comunista contro lo Stato lasciò posto alla costituzione di sindacati di carattere nazionale formatisi per raggiungere i propri obiettivi all’interno dello Stato, non fuori.[13]
Il conflitto tra operai e petrolieri
Nel 1936, grazie all’apertura della politica di Cárdenas verso le associazioni operaie e all’influenza di sindacalisti di fama internazionale (come Vicente Lombardo Toledano),[14] diciannove dei leader dei principali sindacati petroliferi si riunirono dando origine all’STPRM, il “Sindicato de Trabajadores Petroleros de la Republica Mexicana”, con l’obiettivo di stipulare con le compagnie petrolifere un contratto collettivo di lavoro.[15]
Il fallimento delle trattative nel maggio del 1937 portò l’STPRM a proclamare uno sciopero generale che in pochi giorni paralizzò il Paese, dimostrando il grande potere contrattuale che avevano gli operai del settore petrolifero rispetto al Paese stesso.[16]
È in questo contesto che si può notare uno dei tratti tipici del cardenismo e della cosiddetta fase institucional dei sindacati. Invece di reprimere le proteste o semplicemente mediare tra le parti, Cárdenas scelse di prendere su di sé il carico del problema dei lavoratori diventando una parte attiva del conflitto.[17] Il sindacato, d’altra parte, si fidò delle parole del presidente e promise di fermare lo sciopero per dare il tempo al governo di avviare un’inchiesta.
Jesus Silva Herzog, segretario della Commissione di inchiesta, ci ha lasciato una testimonianza, nella sua autobiografia,[18] del sentimento diffuso tra gli inquirenti: «Nos dimos cuenta de la tremenda responsabilidad que pesaba sobre nosotros. Todos los que colaboraron en la investigación, en la redacción del informe, se sintieron poseídos de un hondo fervór por servir al país».[19]
Dopo appena cento giorni dall’inizio delle investigazioni, gli inquirenti si resero conto di due cose. Le industrie petrolifere, pur negandolo categoricamente, avevano la disponibilità monetaria per coprire i costi di un contratto collettivo per il lavoro. Inoltre, fu chiaro che la compagnia petrolifera britannica El Aguila evadesse le già bassissime tasse dovute al governo messicano.[20]
Le compagnie petrolifere, rifiutandosi di pagare quanto richiesto, decisero di tentare di scavalcare il governo messicano rivolgendosi direttamente alla Suprema Corte de Justicia de la Nación sperando che giudicasse proibitive le richieste dei lavoratori. La Suprema Corte però decise di appoggiare le pretese della Commissione di inchiesta.
Le compagnie si rifiutarono per l’ennesima volta. Silva Herzog sostenne che: «Las empresas petroleras arrojaron el guante en actitud de desafío al gobierno y al pueblo de México».[21] Si trattò di un atto di aperta ribellione allo stato messicano e Cárdenas non ebbe altra scelta se non quella di dichiarare l’espropriazione di tutti i beni mobili e immobili delle compagnie petrolifere. Era il 18 marzo del 1938.
Il cardenismo
Il cardenismo viene spesso definito dalla storiografia come una delle forme di populismo latino-americano che si affacciarono per la prima volta sul Continente.[22] Una definizione calzante se si pensa al tentativo di Cárdenas di creare un popolo omogeneo unito da un’identità, una storia e un destino comuni.
L’obiettivo del presidente però era tutt’altro che facile, dato che il Messico era sempre stato diviso da conflitti sociali ed etnici spesso sfociati nella lotta armata. Contadini, operai, oligarchie liberali, studenti, militari e Chiesa Cattolica si combattevano dalla Rivoluzione del 1910. Erano passati meno di dieci anni dalla sanguinosissima Guerra Cristera,[23] ma da lì a poco ci sarebbe stata l’ennesima e fallimentare sollevazione rivoluzionaria di Saturnino Cedillo.
La mancanza di un’unità nazionale obbligò Cárdenas a trovare un nemico comune per poter appianare le divergenze e creare così un orizzonte messicano. Anche se l’espropriazione dei beni delle compagnie petrolifere era l’ultima cosa che il presidente avrebbe voluto fare, date le prevedibili ripercussioni che avrebbe comportato,[24] l’aperta opposizione delle compagnie straniere allo Stato messicano gli permise di fare dei grandi passi avanti nel processo di riunificazione messicana. Arrivò a identificare negli interessi imperialisti stranieri la causa del mancato sviluppo del Paese in quanto colpevoli di rubarne le ricchezze. Pose così una pesante critica al clima liberista che aveva caratterizzato il regime di Porfirio Diaz:
¿En cuántos de los pueblos cercanos a las explotaciones petroleras hay un hospital, una escuela o un centro social, o una obra de aprovisionamiento o saneamiento de agua, o un campo deportivo, o una planta de luz, aunque fuera a base de los muchos millones de metros cúbicos del gas que desperdician las explotaciones?
Lázaro Cárdenas, Discorso per l’espropriazione petrolífera, 1948[25]
Cárdenas accusò le compagnie petrolifere di essere la vera causa del protrarsi della guerra civile per trent’anni. «Han tenido dinero para armas y municiones para la rebelión. Dinero para la prensa antipatriótica que las defiende. Dinero para enriquecer a sus incondicionales defensores».[26]
Le manifestazioni
Indubitabilmente la narrazione proposta da Cárdenas ebbe uno straordinario successo non solo tra i settori popolari, che già avevano dato il loro appoggio al governo. Anche da coloro che da sempre erano stati i più grandi critici del cardenismo: gli studenti universitari e la Chiesa Cattolica.
La prima manifestazione di appoggio fu quella degli studenti del 22 marzo.[27] Il giorno dopo, svariate decine di migliaia di persone appartenenti e non ai sindacati si riversarono spontaneamente a Città del Messico per sostenere la decisione presidenziale.[27] Persino la Chiesa, questa volta, prese le parti del governo promuovendo una raccolta di fondi tramite collette per pagare il debito che lo Stato aveva con le compagnie petrolifere.
Il 12 aprile fu la volta delle donne: in migliaia, provenienti dalle classi più disparate, manifestarono davanti al Palacio de las Bellas Artes portando i loro gioielli e i loro averi da donare alla “causa” di Cárdenas.
Silva Herzog, testimone della vicenda, racconta di aver visto un’anziana signora di umili origini che consegnava una gallina alle autorità per aiutarle: «Actos ingenuos y conmovedores, pero de todos modos dan idea de lo que en los momentos difíciles somos capaces de realizar los mexicanos».[29]
A seguito dell’annuncio del 18 marzo, scoppiò un intenso conflitto diplomatico internazionale tra il governo del Messico e i Paesi di provenienza delle compagnie petrolifere (in particolar modo Gran Bretagna e Stati uniti), che mise il Paese del Nord America in ginocchio dal punto di vista economico. Eppure, grazie a una serie di congiunture favorevoli, come la pressante minaccia dei fascismi in Europa e la permissiva politica estera statunitense promossa dal presidente Roosevelt,[30] grazie alla peculiare unione tra operai e governo[31] e ai sacrifici sofferti dal popolo, il Messico riuscì a superare la crisi e a fondare la sua propria compagnia petrolifera: la Pemex.
Il retaggio oggi
Le vicende del conflitto petrolifero e il suo protagonista sono rimasti impressi nella memoria collettiva del popolo messicano al pari di altri eventi storici, come il sacrificio di Cuauhtémoc contro Cortes[32] o la sconfitta dei francesi da parte di Benito Juarez,[33] legati alla resistenza contro l’invasore straniero.[34]
Alla storia della nazionalizzazione del petrolio sono state dedicate canzoni come Corrido del Petroleo di Fernando e Miguel Aroche Parra, e film come La Rosa Blanca di Gavaldòn. Più recentemente, nel dibattito politico relativo alla Reforma Energetica promossa dal presidente Peña Nieto nel 2013 e 2014,[35] il nome di Cárdenas viene citato nei documenti ufficiali e nei discorsi pubblici.
Altro elemento interessante è che sia i sostenitori sia i detrattori della riforma fecero riferimento all’esempio di Cárdenas per giustificare le loro posizioni: Peña Nieto sosteneva per esempio che la sua riforma dell’art. 27,[36] regolante l’accesso alle risorse petrolifere, fosse in realtà una ripresa delle modifiche che lo stesso Cárdenas aveva attuato nel 1938 e che permettevano, con certi limiti, l’ingresso di capitale privato nell’industria petrolifera.[37] Al contrario i suoi oppositori paventavano che un’apertura di questo genere avrebbe facilitato la privatizzazione di un’industria considerata come una delle colonne portanti dello Stato.
Un esempio è il discorso di Alejandro Encinas Rodriguez in Senato dell’8 dicembre 2013, nel quale paragonò la perdita di sovranità sull’industria petrolifera ad alcune delle vicende più imbarazzanti della storia messicana, come il trattato di Guadalupe Hidalgo[38] o i trattati di Bucareli.[39] Cárdenas, in questo modo, arriva ad assurgere quasi a mito fondativo della Repubblica Messicana. E così, in quanto mito, passibile di interpretazioni differenti e opposte.
Date le premesse esposte fin qui, non stupisce che si torni a parlare di sovranità anche in merito al ruolo del petrolio nella transizione energetica. In questi anni, l’attuale presidente Manuel Lopez Obrador sta cercando di far passare una riforma energetica che in parte dovrebbe sconfessare quella di Peña Nieto aumentando il controllo statale nella produzione energetica a danno delle aziende private.
Riassumendo, uno dei principali punti della riforma prevede che la Comisión Federal de Electricidad (CFE) diventi responsabile della fornitura del 54% dell’energia al Paese rispetto all’attuale 38%. Questa proposta avrebbe anche un valore ecologico per i suoi ideatori, data la parziale emancipazione, a livello produttivo e distributivo, dalle altalenanti richieste del mercato globale.
Claudia Sheinbaum, il capo del governo di Città del Messico, sostiene esplicitamente che la sostenibilità non è solo una questione di impatto ambientale ma anche di autarchia energetica: «tu generas lo que vas a consumir».[40] Secondo i firmatari, legare la produzione al bisogno della popolazione, invece che al profitto, permetterebbe di porre un tetto all’estrazione abbassando così i consumi complessivi. Sovranità ed ecologia sono in questa narrazione correlate. «No extraer mas petroleo crudo de que necesitamos para producir nuestras gasolinas aunque tenemos muchas reservas […] no vamos a vender petroleo crudo vamos a procesar toda nuestra materia prima en Mexico».[41]
I suoi detrattori però contestano ferocemente proprio questa equazione: il giornalista e accademico Leo Zuckerman, per esempio, sostiene che per poter fornire quel 16% in più la CFE sarebbe obbligata a rispolverare delle vecchie raffinerie petrolifere e centrali a carbone. Inoltre, per Zuckerman, unire il tema dell’ecologia a quello della sovranità sembra un controsenso: «[…] un concepto de transición energética “soberana”. Increíble hablar de nacionalismo para resolver un problema global».[42]
Conclusione
Come osservato fin qui, il petrolio, lungi dall’essere semplicemente una mera risorsa energetica, ha assunto svariati ruoli nella lunga e conflittuale storia del Messico. Motore primario per la modernizzazione durante il Porfiriato; elemento di instabilità e lotta durante la Rivoluzione; base da cui far nascere il sentimento nazionalista durante il periodo Cardenista; infine un elemento quasi mitico con il quale fare i conti anche a distanza di ottant’anni da quel determinante 18 marzo 1938.
Il grande valore simbolico attribuito al petrolio e alle vicende a esso connesse va necessariamente preso in considerazione anche per temi contemporanei come quello della lotta al cambiamento climatico. Le sue mutevoli sfaccettature non consentono di appiattire la discussione sulla transizione energetica al solo discorso economico. Non per quanto riguarda il Messico per lo meno.
Del resto, non è sbagliato quello che affermava Rondero nel 1961: «El momento historico en el que se acendriò el nacionalismo mexicano como sentimiento del propio valer de la nación, corresponde al de la expropiación petrolera».[43]
Eppure, i problemi della nostra epoca forse impongono ai cittadini messicani di rimettere in discussione il loro rapporto con il passato. Come sostiene l’ex presidente della Camera dei deputati Dulce Maria Sauri Riancho riferendosi alla riforma del presidente Obrador:
[…] en el caso del sector energético una cosa es recordar el pasado y otra recrearlo, yo creo que nadie en su sano juicio pensaría en regresar a una expropiación petrolera como la del General Lázaro Cárdenas en el 38 porque son circunstancias mundiales, nacionales de desarrollo de la propia sociedad. Cuando me refiero a que es una iniciativa nostálgica es porque busca recrear un pasado.
Dulce Maria Sauri Riancho, El PRI, en la encrujada, 2021[45]
Note
[1] «danneggiare seriamente gli interessi della nazione»: Discurso del presidente Lázaro Cárdenas sobre la expropiación petrolera. Palacio Nacional, 18 de marzo de 1938 (fragmento) | Relatos e Historias en México, (ultimo accesso 10/11/2021, traduzione mia).
[2] Una riforma tesa a una parziale apertura al capitale privato estero per la ricerca e l’estrazione del greggio in territorio messicano.
[3] Una riforma che aumenterebbe il controllo statale nella gestione delle risorse petrolifere nazionali.
[4] Il regime liberale di Porfirio Diaz, il Porfiriato, si caratterizzò per la completa apertura agli investimenti stranieri in tutti i settori economici messicani nell’ottica che questo fosse l’unico modo per proseguire sulla via della modernizzazione.
[5] Alvarez de la Borda J., Cronica del petroleo en Mexico. De 1863 a nuestros dias., Col. Huasteca, Mexico, Archivo Historico de Pemex, 2006, p. 204.
[6] Aguilar Camin H. e Meyer L., A La Sombra de la Revolucion Mexicana (1989), Città del Messico, Cal y Arena, 2003, p. 98.
[7] Ivi, p. 44.
[8] Ivi, p. 77.
[9] Zanatta L., Storia dell’America Latina Contemporanea, Urbino, Editori Laterza, 2017, pag. 113.
[10] Aguilar Camin H. e Meyer L., A La Sombra de la Revolucion Mexicana, op. cit., p. 175.
[11] Zanatta L., Storia dell’America Latina Contemporanea, op.cit., pp. 99 e 100.
[12] Funes P., Historia Minima De Las Ideas Politicas en America Latina, Madrid, Turner Publicaciones S. L., 2014 p. 177.
[13] Zapata F., Ideología y política en América Latina, Città del Messico, El Colegio de México, 1997, pp. 113-132.
[14] Vicente Lombardo Toledano (1894-1968) fu un sindacalista e politico messicano. Nel corso della sua attività contribuì a organizzare sindacati operai in tutta l’America latina e fondò nel 1948 il Partido Popular di stampo socialista.
[15] Aguilar Camin H e Mayer L, A La Sombra de la Revolucion Mexicana, op. cit., pp. 177-178.
[16] Silva Herzog J., El Conflicto De Orden Economico y la Expropriacion, (1941), «La Gaceta del Fondo de Cultura Economica», 531 (2015), p. 10.
[17] Funes P, Historia Minima De Las Ideas Politicas en America Latina, op. cit., p. 178.
[18] Silva Herzog J, El Conflicto De Orden Economico y la Expropriacion, op. cit., p.10
[19] «Ci rendemmo conto della tremenda responsabilità che pesava sulle nostre spalle. Tutti coloro che collaborarono nella investigazione, nella redazione del rapporto, si sentirono posseduti da un profondo fervore per servire il Paese», ibidem (traduzione mia).
[20] Ivi, p. 11.
[21] «Le imprese petrolifere lanciarono il guanto di sfida al governo e al popolo del Messico», ibidem, (traduzione mia).
[22] Mi rifaccio per la definizione di “populismo” a Zanatta (2017), ma segnalo anche la definizione presente in Funes (2014) che non si discosta molto anche se pone dei giusti dubbi sull’uso del termine con un valore euristico.
[23] Il fallimentare tentativo nel 1926 del presidente Plutarco Elias Calles di ridurre l’enorme influenza della Chiesa Cattolica tramite la promulgazione di severissime leggi anti-ecclesiastiche sfociò in una sollevazione contadina che si concluse solo nel 1929.
[24] Silva Herzog J., El Conflicto De Orden Economico y la Expropriacion, op. cit., p. 11.
[25] «In quanti dei paesi vicini alle zone di sfruttamento petrolifero c’è un ospedale, una scuola o un centro sociale, o una centrale di approvvigionamento o di sanamento idrico, o un centro sportivo, o una centrale elettrica, anche se fossero stati costruiti con l’ausilio dei molti milioni di metri cubi di gas che hanno sperperato le aziende?», Discurso del presidente Lázaro Cárdenas sobre la expropiación petrolera. Palacio Nacional, 18 de marzo de 1938 (fragmento) | Relatos e Historias en México (Ultimo accesso 28/11/2021, traduzione mia.
[26] «Hanno avuto il denaro per le armi e le munizioni della ribellione. Denaro per la stampa antipatriottica che le difende. Denaro per arricchire i loro fedeli difensori.» Ibidem, traduzione mia.
[27] Aguilar Camino H e Meyer L., A La Sombra de la Revolucion Mexicana, op. cit., p. 180.
[28] Ibid.
[29]«Atti ingenui e commoventi, ma in tutti i modi danno l’idea ci ciò che nei momenti difficili siamo capaci di realizzare noi messicani». Cfr. Silva Herzog J., El Conflicto De Orden Economico y la Expropriacion, op. cit. p. 18 (trad. mia).
[30] Meyer Cosio L., El Conflicto Petrolero Entre Mexico y Estados Unidos (1938-1942), «Foro Internacional», 7(1966), XXVI, p. 100.
[31]Paz O., 1950, El laberinto de la soledad (1950), Città del Messico, Catedra Letras Espanolas, 2016, pp. 140 e 141.
[32] Cuauhtemoc fu l’ultimo sovrano mexica. La resistenza all’invasione spagnola e lo stoico eroismo mantenuto durante le brutali torture inflitte da Cortes, storicamente vere o meno, sono rimaste impresse nell’immaginario messicano.
[33] Benito Juarez (1806-1872) fu il presidente del Messico dal 1858 fino al giorno della sua morte. Considerato uno dei padri della nazione, si distinse, anche, per aver retto e respinto l’invasione francese di Napoleone III del 1862-1867.
[34] Paz O., El laberinto de la soledad, op. cit., pp. 140 e 141.
[35] Per una esaustiva analisi della riforma rimando a Santiago M., Las Reformas del Petroleo Mexicano y la Ecologia del Petroleo. Lecciones de Historia, in Checa-Artasu M. M., Hernandez Franyuti R., El Petroleo en Mexico y sus Impactos Sobre el Territorio, Città del Messico, Instituto de Investigaciones dr. Jose Mana Luis Mora, Consejo Nacional de Ciencias y Tecnologia, 2016.
[36] L’articolo 27 fu inserito nella Costituzione messicana nel 1917 e decretava il possesso dello Stato di tutte le risorse petrolifere. Intorno a questo articolo ci furono aspre lotte con il governo statunitense durante il periodo rivoluzionario.
[37] Informe Centro de Estudios Políticos y de Seguridad Nacional, Reforma Energética: Iniciativa de Enrique Peña Nieto, Grupo Editorial Transicion, Indicator Politico, 13 agosto 2013.
[38] Il trattato di Guadalupe Hidalgo pose fine alla guerra messicano-statunitense (1846-1848) e obbligò il Messico a cedere una grossa parte dei suoi territori settentrionali: parti degli attuali stati del Colorado, Arizona, Nuovo Messico, Wyoming, California, Nevada e Utah.
[39]I trattati di Bucareli, firmati nel 1923 tra il governo degli Stati Uniti e il presidente rivoluzionario Obregon, sancirono che l’articolo 27 della Costituzione non sarebbe stato retroattivo salvaguardando gli interessi petroliferi statunitensi in Messico: https://www.bing.com/videos/search?q=alejandro+encinas+petroleo&view=detail&mid=82D5C365E2CF036F0CB882D5C365E2CF036F0CB8&FORM=VIRE. (Ultimo accesso 15/12/2021).
[40] «Tu produci quello che consumi». Entrevista a Claudia Sheinbaum. La reforma eléctrica y el retorno de las Adelitas – Perspectivas – YouTube (Ultimo accesso 25/10/2021, traduzione mia).
[41] «Non estrarre più petrolio grezzo di quello che necessitiamo per produrre la nostra benzina anche se ne abbiamo molte riserve […] non venderemo il petrolio grezzo processeremo tutta la nostra materia prima in Messico»:
https://www.youtube.com/watch?v=bElL8nrqrdg. (Ultimo accesso 15/11/2021, traduzione mia).
[42] «un concetto di transizione energetica “sovrana”. Incredibile parlare di nazionalismo per risolvere un problema globale»: https://www.excelsior.com.mx/opinion/leo-zuckermann/mexico-a-contracorriente-en-combate-al-cambio-climatico/1475679. (ultimo accesso 30/04/2022, traduzione mia).
[43] «Il momento storico nel quale si accese il nazionalismo messicano come sentimento del proprio valere come nazione, corrisponde a quello della espropriazione petrolifera», Meyer Cosio L., El Conflicto Petrolero Entre Mexico y Estados Unidos (1938-1942), op. cit., p. 100, traduzione mia.
[44] «[…] nel caso del settore energetico una cosa è ricordare il passato e un’altra ricrearlo, io non credo che nessuno nel suo sano giudizio penserebbe di ritornare a una espropriazione petrolifera come quella del Generale Lazaro Cardenas nel 38 perché sono circostanze mondiali, nazionali di sviluppo della propria società. Quando dico che è una iniziativa nostalgica è perché cerca di ricreare un passato», https://www.sinembargo.mx/07-10-2021/4038255 (ultimo accesso 24/10/2021, traduzione mia).
Fonti
AGUILAR CAMIN Hector e MEYER Lorenzo, A La Sombra de la Revolucion Mexicana (1989), Città del Messico, Cal y Arena, 2003.
ALVAREZ DE LA BORDA Joel, Cronica del petroleo en Mexico. De 1863 a nuestros dias., Col. Huasteca, Archivo Historico de Pemex, 2006.
HUERTA Efrain, Canto al Petroleo Mexicano, (1942), «La Gaceta del Fondo de Cultura Economica», 531, (2015).
Informe Centro de Estudios Políticos y de Seguridad Nacional, Reforma Energética: Iniciativa de Enrique Peña Nieto, Grupo Editorial Transicion, Indicator Politico, 13 agosto 2013.
MEYER COSIO Lorenzo, El Conflicto Petrolero Entre Mexico y Estados Unidos (1938-1942), «Foro Internacional», 7 (1966), XXVI.
FUNES Patricia, Historia Minimas De Las Ideas Politicas en America Latina, Madrid, Turner Publicaciones S.L, 2017.
SANTIAGO Myrna, Las Reformas del Petroleo Mexicano y la Ecologia del Petroleo: Lecciones de Historia (2016), in Checa-Artasu M. M., Hernandez Franyuti R., El Petroleo en Mexico y sus Impactos Sobre el Territorio, Mexico, Instituto de Investigaciones dr. Jose Mana Luis Mora, Consejo Nacional de Ciencias y Tecnologia.
SILVA HERZOG Jesus, El Conflicto De Orden Economico y la Expropriacion, (1941), «La Gaceta del Fondo de Cultura Economica», 531, (2015).
ZANATTA Loris, Storia dell’America Latina Contemporanea, Urbino, Editori Laterza, 2017.
ZAPATA Francisco, Ideología y política en América Latina, Città del Messico, El Colegio de México, 1997.
Giovanni Bonavita
Giovanni, nato a Bologna nel 1996, ha conseguito la Laurea Triennale in Antropologia Culturale presso l’Università di Bologna. I suoi interessi spaziano dagli studi di genere ai temi ambientali in America Latina antica e contemporanea. Attualmente prosegue gli studi alla facoltà magistrale di Antropologia ed Etnologia presso l’Università di Torino.