La divulgazione scientifica e culturale sul Web
Se vuoi fare divulgazione, su un qualsiasi argomento
devi fare le stesse domande
che farebbe chiunque: il tuo barista, il notaio.
E a quelle devi rispondere,
entrando nel cuore delle persone attraverso la mente.
Alberto Angela
Introduzione
Gli strumenti digitali sono ormai entrati capillarmente nella quotidianità della società contemporanea, apportando anche importanti modifiche per ciò che riguarda le abitudini e le relazioni umane.
Uno dei settori che ha maggiormente risentito del loro utilizzo, nonché della facilità con cui connettersi alla Rete, è quello dell’informazione. Negli ultimi anni, infatti, ai tradizionali organi di informazione, ovvero radio, giornali e TV, si è aggiunto il Web, a cui è possibile accedere attraverso diversi dispositivi (PC, tablet, smartphone).
Così, oltre alle notizie relative alla cronaca, all’economia e alla politica nazionale e internazionale, grazie al combinato disposto tra disponibilità di accesso alla Rete e utilizzo di dispositivi digitali, è possibile anche svolgere attività di divulgazione di carattere scientifico e culturale.
Quali sono i principali social impiegati per la divulgazione in Rete? Quali enti hanno deciso di affidarsi al Web per diffondere notizie scientifiche? Queste alcune delle domande alle quali si proverà a rispondere in questo articolo, seguendo un percorso che parte da una breve panoramica generale sulle caratteristiche del Web e dei social e arriva all’analisi di alcuni casi studio specifici di divulgazione in Rete.
Breve storia del Web e dei social network
Ciò che oggi utilizziamo quotidianamente con naturalezza e relativa semplicità ha, in realtà, origini lontane. Infatti
il World Wide Web (detto più brevemente Web), inventato da Sir Tim Berners-Lee nel 1989, ha fornito l’infrastruttura per usare gli hyperlink e accedere a Internet. Ma in ogni caso il web è stato reso disponibile al pubblico dal primo operatore commerciale soltanto nel 1994.
Deborah Lupton, Sociologia digitale, p. 8[1]
Dopo la nascita del Web, l’altra grande novità in ambito tecnologico, ma con importanti ricadute anche in quello sociale, è stata, senza dubbio, la diffusione dei social media. Tra i più popolari, possiamo annoverare: Twitter, YouTube, Facebook, Instagram e Tik Tok.
Il primo vede la luce nel 2006 e consente agli utenti di pubblicare testi con lunghezza massima di 140 caratteri (poi diventati 280) oltre che foto e video. Nel 2009 si ha, inoltre, l’aggiunta di un motore di ricerca e dei trending topics, ovvero dei temi di tendenza, «presentati come una definizione dal basso dell’agenda degli interessi e delle priorità degli utenti di Twitter».[2]
YouTube nasce, invece, nel 2005 con l’obiettivo di «superare un limite tecnologico: la possibilità di archiviare e condividere video attraverso la rete».[3] Oggi su questa piattaforma è possibile trovare sia video editati professionalmente che user generated content (UGC), ovvero contenuti generati direttamente dagli utenti.
Facebook viene creato nel 2004 e nel tempo si è reso protagonista di continue innovazioni, come nel 2011 quando il profilo degli utenti si è trasformato in diario o nel 2012 quando è stata aggiunta la possibilità di inserire una foto copertina e gli eventi passati.[4]
Instagram arriva nel 2010 «come strumento di realizzazione e pubblicazione delle immagini»;[5] nel 2012 viene acquistato da Facebook, e oggi è certamente uno dei social più apprezzati e popolari.
Tik Tok nasce nel 2016 dalla società cinese Byte Dance con il nome Douyi (cambiando poi denominazione nel 2018) e «permette ai propri utenti di realizzare videoclip musicali che durano dai 15 ai 60 secondi, aggiungendo filtri o modificando la velocità di riproduzione dei file».[6]
Alcuni esempi di divulgazione su Web e social
[spesso] l’idea di “comunicazione scientifica” che comunemente abbiamo è associata solo al prodotto finito, ovvero l’articolo su rivista o il libro. In realtà, il ciclo della comunicazione scientifica si configura come un intreccio stratificato di diversi ambiti e processi, profondamente interconnessi fra loro, che vanno sempre considerati nella loro complessità per evitare di avere un quadro parziale e distorto.
Elena Giglia, La libera diffusione del sapere scientifico nell’era digitale [online] [7]
Oggi, infatti, sono tanti gli enti e le istituzioni culturali che hanno deciso di affidarsi al Web e ai social per completare la loro attività divulgativa, percorrendo strade nuove rispetto a quelle del passato.
Fra questi, è possibile annoverare il caso della storica Accademia della Crusca, nata a Firenze fra il 1582 e il 1583 per volontà di cinque letterati della città, e che si pone l’obiettivo di:
sostenere, attraverso i suoi Centri specializzati e in collaborazione con le Università, l’attività scientifica e la formazione di nuovi ricercatori nel campo della linguistica e della filologia italiana; acquisire e diffondere, nella società italiana e in particolare nella scuola, la conoscenza storica della nostra lingua e la consapevolezza critica della sua evoluzione attuale, nel quadro degli scambi interlinguistici del mondo contemporaneo; collaborare con le principali istituzioni affini di altri Paesi e con le istituzioni governative italiane e dell’Unione Europea per una politica a favore del plurilinguismo del nostro continente.[8]
Oltre a essere dotata di un proprio sito ricco di contenuti e con uno spazio dedicato alla rivista in formato elettronico «Italiano digitale»,[9] l’Accademia è presente sui principali social, come Twitter, Facebook e Instagram.
In particolare, restringendo il campo proprio a quest’ultimo social, il suo profilo ufficiale conta più di 88mila follower,[10] presenta un feed graficamente chiaro ed efficace con post che riguardano neologismi, novità editoriali, glossario, chiarimenti su espressioni particolari e rubriche (come ad esempio Le parole della salute).
Un’altra importante istituzione italiana che utilizza la Rete per informare gli utenti e offrire loro interessanti contenuti è il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), che ha il compito di «realizzare progetti di ricerca scientifica nei principali settori della conoscenza e di applicarne i risultati per lo sviluppo del Paese, promuovendo l’innovazione, l’internazionalizzazione del “sistema ricerca” e favorendo la competitività del sistema industriale».[11]
Il CNR ha un sito con diverse aree tematiche e una presenza su Facebook, Twitter, Youtube e Instagram. La sua pagina Facebook, per esempio, ha un seguito di oltre 26 mila persone e diffonde informazioni su eventi legati all’ente nonché notizie scientifiche.[12]
Anche l’Istituto della Enciclopedia Italiana, fondato da Giovanni Treccani nel 1925 ha una presenza importante in Rete. La sua missione è legata alla
compilazione, l’aggiornamento, la pubblicazione e la diffusione della Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti iniziata dall’Istituto Giovanni Treccani, e delle opere che possono comunque derivarne, o si richiamino alla sua esperienza, in specie per gli sviluppi della cultura umanistica e scientifica, nonché per esigenze educative, di ricerca e di servizio sociale.
La nostra storia | Treccani, il portale del sapere [13]
Su Instagram, per esempio, vi è il suo account ufficiale, con un seguito di 139 mila persone,[14] caratterizzato da una grafica chiara e accattivante, a cui si aggiunge quello della Accademia Treccani, la scuola di alta formazione dell’Istituto.
Risulta, dunque, chiaro che
in questa contemporaneità, in cui i ruoli si sono totalmente trasfigurati, l’istituzione culturale può finalmente svecchiarsi nei modi e nei mezzi per raggiungere l’utenza, agendo come un network culturale in grado di favorire le connessioni che si possono anche spontaneamente creare fra membri di una comunità.[15]
La scienza in Rete: Barbascura e Luca Perri
La scelta di affidarsi alla Rete per le attività di divulgazione scientifica e culturale non è appannaggio esclusivo di enti e istituzioni pubbliche e private, ma spesso, infatti, anche di giovani studiosi, ricercatori e appassionati dei più vari settori della conoscenza.
Ne è un esempio il caso di Barbascura e Luca Perri, che negli ultimi anni hanno usato Web e social per la divulgazione scientifica, sia singolarmente che in collaborazione tra loro.
Il primo è un chimico molto popolare soprattutto su YouTube dove ha un seguito di 840 mila iscritti al canale,[16] in cui è possibile trovare diverse playlist (come Scienza brutta, Barbascura eXtra), tutte caratterizzate da uno stile comunicativo efficace e capace di catturare l’attenzione del pubblico.
Il secondo è, invece, un astrofisico, con un canale su YouTube a cui sono iscritte più di 19mila persone,[17] con playlist come quella intitolata Bufale e clima, con cui si vuole combattere la cattiva informazione sulla scienza. Con un atteggiamento simpatico e leggero, un linguaggio medio, con qualche tecnicismo, ma comunque comprensibile, Perri prova a smontare alcune comuni fake news.
Inoltre, i due divulgatori hanno collaborato per Infodemic extra, una serie di interviste realizzate a scienziati, pubblicate sul canale YouTube, nonché per il libro intitolato La tempesta imperfetta. Viaggio nella mente di chi crede alle fake news: noi.
La lingua della divulgazione in Rete
Qualsiasi sia il medium di riferimento, l’aspetto strettamente linguistico assume un’importanza non indifferente. Infatti, che si parli di giornali, radio o TV, affinché il messaggio sia efficace, giunga a più persone e nel miglior modo possibile, è necessario adoperare delle scelte linguistiche precise e mirate. Tutto ciò, naturalmente, vale anche nel caso del Web e dei social.
Innanzitutto, è importante sottolineare che la rete è caratterizzata dalla presenza di ipertesti. Sebbene il termine sia stato coniato dal filosofo e sociologo Ted Nelson[18] negli anni Sessanta,[19] è Jay David Bolter20 a descriverlo in maniera semplice ma esaustiva:
in un libro a stampa, sarebbe impossibile apporre note a note. Nel computer, invece, è perfettamente normale e naturale scrivere e leggere a strati. Ogni singolo paragrafo può avere pari importanza nel testo complessivo, che diviene quindi rete di segni interconnessi. Questa trama è progettata dall’Autore perché l’utente possa esplorarla secondo questa specifica modalità itinerante. Una rete siffatta prende il nome di ipertesto.[21]
La differenza fra il testo classico e l’ipertesto è che il primo è lineare, sequenziale e chiuso, mentre il secondo è multilineare, multisequenziale e aperto.[22]
In linea generale, la lingua della rete «è l’italiano neostandard, per lo più in una sua varietà informale e colloquiale, almeno nei servizi a vocazione sincrona, con elementi di substandardità e gergalità […], spesso in un contesto stilizzante».[23]
Sui social la caratteristica fondamentale è la brevità, per questa ragione anche chi si occupa di divulgazione lancia messaggi in maniera concisa ma efficace. Di solito, infatti, i post hanno una lunghezza di pochi caratteri (che variano in base alla piattaforma di riferimento) e sono accompagnati da foto e video, che sono elementi di primaria importanza.
Analizzando gli account di enti ed istituzioni culturali, si può notare come questi utilizzino spesso anche stories e reel per migliorare l’interazione con gli utenti.
Conclusioni
Come visto nei precedenti paragrafi, il Web e i social costituiscono un importante strumento sia per enti, istituzioni e divulgatori che intendono utilizzarli per diffondere conoscenze di vario tipo a un ampio pubblico, sia per gli utenti che possono accedere a contenuti afferenti a diverse aree della scienza e della cultura con relativa facilità.
Ma, così come nel caso della divulgazione attraverso il piccolo schermo, anche in Rete è necessario che tale attività venga fatta a opera di professionisti che conoscano nel dettaglio il funzionamento e i meccanismi del Web, dei social e dei vari dispositivi digitali a nostra disposizione.
“Qualità” è, dunque, la parola d’ordine, soprattutto quando ci si trova in un mare magnum di informazioni e notizie, spesso non verificate da parte degli utenti o per mancanza di competenze e conoscenze adeguate o, semplicemente, per mancanza di tempo.
Per mantenersi vive, scienze e cultura è giusto che imbocchino queste nuove strade, al fine di arrivare a un altrettanto nuovo pubblico, intimamente legato alle tecnologie della società contemporanea.
Note
[1] Lupton D., Sociologia digitale, ed. it. a cura di Santoro M. e Timeto F., Milano-Torino, Pearson Italia, 2018, p. 8.
[2] Vittadini N., Social media studies. I social media alla soglia della maturità: storia, teorie e temi, Milano, FrancoAngeli, 2018, p. 43.
[3] Ivi, p. 32.
[4] Cfr. ivi, pp. 58 e 59.
[5] Ivi, p. 54.
[6] Tik tok: una ricerca su identità digitali ed effetti sociali – Sociologicamente. Data di ultima consultazione 23 febbraio 2023.
[7] Giglia E., Capitolo 2. La comunicazione scientifica nell’era digitale In: Fare Open Access: La libera diffusione del sapere scientifico nell’era digitale [online]. Milano: Ledizioni, 2017 (creato il 11 dicembre 2022).
[8] L’Accademia – Accademia della Crusca Data di ultima consultazione 11 dicembre 2022.
[9] Italiano Digitale – (accademiadellacrusca.org) Data di ultima consultazione 11 dicembre 2022.
[10] https://instagram.com/accademiacrusca?igshid=YmMyMTA2M2Y= Data di ultima consultazione 13 dicembre 2022.
[11] Chi siamo | Consiglio Nazionale delle Ricerche (cnr.it) Data di ultima consultazione 11 dicembre 2022.
[12] https://www.facebook.com/CNRsocialFB Data di ultima consultazione 13 dicembre 2022.
[13] La nostra storia | Treccani, il portale del sapere
[14] https://instagram.com/treccanigram?igshid=YmMyMTA2M2Y= Data di ultima consultazione 17 dicembre 2022.
[15] Giglia E., Capitolo 2. La comunicazione scientifica nell’era digitale In: Fare Open Access: La libera diffusione del sapere scientifico nell’era digitale [online]. Milano: Ledizioni, 2017 (creato il 11 dicembre 2022), p. 407.
[16] https://www.youtube.com/@BarbascuraX Data di ultima consultazione 24 febbraio 2023.
[17] https://www.youtube.com/@astrowikiperri Data di ultima consultazione 24 febbraio 2023.
[18] Ted Nelson nasce a Chicago nel 1937, si laurea nel 1963 all’Università di Harvard e nel 2002 consegue il Dottorato di ricerca in Media and Governance presso la Keio University in Giappone. Nel 1960 elabora il famoso Progetto XANADU, consistente nella creazione di una rete di computer aventi un’interfaccia utente semplice da utilizzare. Oltre ad aver coniato il termine “ipertesto”, Nelson è considerato il primo ad aver usato parole come “transclusione” e “virtualità”.
[19] Cfr. Palermo M., Italiano scritto 2.0. Testi e ipertesti, Roma, Carocci, 2017, p. 79.
[20] Jay David Bolter è un massmediologo statunitense nato nel 1951 e professore all’Università di Toronto, in quella della Carolina del Nord e poi docente di New Media alla Scuola di Letteratura, comunicazione e cultura del Georgia Institute of Technology.
[21] Bolter J.D., Lo spazio dello scrivere. Computer, ipertesti e storia della scrittura, Vita e pensiero, Milano, pp. 21 e 22, citato in ibidem.
[22] Cfr. Italiano scritto 2.0. Testi e ipertesti, op. cit. p. 80.
[23] Prada M., Lingua e Internet, in Bonomi I. e Morgana S., (2003) La lingua italiana e i mass media, Roma, Carocci, 2016, p. 345.
Fonti
BONANCINI Elisa e MARANGON Giorgia, Lo storytelling digitale partecipato come strumento didattico di divulgazione culturale, «Cuadernos de Filología Italiana», 28, 2021.
BONOMI Ilaria e MORGANA Silvia, (2003) La lingua italiana e i mass media, Roma, Carocci, 2016.
GIGLIA, Elena, Capitolo 2. La comunicazione scientifica nell’era digitale In: Fare Open Access: La libera diffusione del sapere scientifico nell’era digitale [online]. Milano: Ledizioni, 2017 (creato il 11 dicembre 2022).
LUPTON Deborah, Sociologia digitale, ed. it. a cura di SANTORO Marco e TIMETO Federica, Milano-Torino, Pearson Italia, 2018.
PALERMO Massimo, Italiano scritto 2.0. Testi e ipertesti, Roma, Carocci, 2017.
VITTADINI Nicoletta, Social media studies. I social media alla soglia della maturità: storia, teorie e temi, Milano, FrancoAngeli, 2018.
Francesca Bella
Francesca Bella, siciliana, classe ‘93, si laurea in Scienze e lingue per la comunicazione all’Università degli studi di Catania e consegue la specializzazione in Comunicazione della Cultura e dello Spettacolo presso lo stesso ateneo con una tesi in Giornalismo culturale. Ama dipingere e disegnare.